Preservare il capitale in un contesto decentralizzato
1. L’investitore conservatore – un profilo
Non vede la DeFi come un gioco o un’ideologia. Per lui è, prima di tutto, un’infrastruttura tecnica.
Non legge thread sulle tokenomics, ma report di audit. Non insegue APY a doppia cifra, ma valuta soglie di liquidazione.
Agisce con razionalità, non con entusiasmo.
Viene dal mondo fiat, dove è chiaro che il capitale senza via d’uscita non ha valore – e che la decentralizzazione non sostituisce la prudenza.
La sua allocazione è difensiva, i suoi strumenti tracciabili, i rischi ben modellati.
La DeFi per lui non è una promessa, ma una cassetta degli attrezzi.
E utilizza solo ciò che è liquido, verificato e reversibile.
2. Nessun token che abbia bisogno di troppe spiegazioni
L’investitore conservatore evita ciò che si vende tramite narrativa.
Tiene solo asset la cui funzione comprende – a livello tecnico e contabile – e il cui rischio non si basa su meccanismi oscuri come rebase, burn o reflection.
Preferisce strutture robuste a mode effimere:
USDC – per le riserve trasparenti e l’inquadramento normativo.
DAI – finché il collaterale rimane liquido e ben documentato.
ETH o stETH – se il rischio di staking è misurabile e l’uscita gestibile.
Evita sistematicamente i token di governance. Non per ideologia, ma per esperienza.
Se un asset si regge su incentivi, diritto di voto o attese future, non è un investimento – è una posizione scoperta con un logo.
La sua regola pratica:
“Se devo impiegare dieci minuti per spiegare un token, forse non dovrei possederlo.”
3. Nessun rendimento senza uscita
Un rendimento è valido solo se può essere incassato.
Per questo motivo non guarda solo l’APY, ma si pone sempre la domanda:
“Posso uscire – senza slippage, senza attese, senza dipendere da una votazione?”
Preferisce mercati con elevata liquidità, percorsi d’uscita ben definiti e comportamenti comprovati.
La liquidità non deve essere teorica – deve essere disponibile, anche sotto stress.
- Usa solo protocolli con pool profondi e senza meccanismi di blocco.
- Valuta i mercati in base alla capacità d’uscita, non all’emissione.
- E sa che un rendimento non serve se il capitale è bloccato quando più ne ha bisogno.
Il suo principio:
“Un rendimento senza uscita è solo illiquidità posticipata.”
4. Scegliere una piattaforma è gestione del rischio
Per lui, un protocollo non è una community – è una controparte.
La fiducia non sostituisce la verifica, né del codice, né della governance, né della liquidità.
Sceglie le piattaforme in base a criteri precisi:
- Storia del codice e audit: Quanto è maturo il codice? Chi l’ha verificato?
- Meccanismi di fallback: Cosa succede se qualcosa va storto? Chi può intervenire?
- Trasparenza nella governance: È chiaro chi decide e come?
Preferisce protocolli sobri, con architettura chiara e tracciabilità operativa.
Aave v2 per lui vale più di qualunque nuovo progetto sulla chain di tendenza – non per nostalgia, ma perché la stabilità si misura nel tempo.
La sua convinzione:
“Più un protocollo è silenzioso, più merita attenzione.”
5. Reward? No grazie.
Per lui, un reward token non è un rendimento reale, ma un rischio mascherato da incentivo.
Distingue chiaramente tra rendimento autentico (basato su domanda di credito) e emissioni senza fondamenta.
Se un protocollo paga solo stampando i propri token, per lui non è reddito – è un trasferimento temporaneo sostenuto da nuovi entranti.
Non chiede “Qual è l’APY?”, ma “Chi lo paga? E con quale logica?”
- Se riceve reward, li vende subito – o li ignora.
- Entra solo dove il rendimento deriva da reale domanda di mercato, non da inflazione programmata.
- E sa bene che più alta è la reward, più fragile è il modello.
Il suo mantra:
“Il rendimento deve avere senso – non una giustificazione.”
6. Struttura, non dispersione – come diversificare in modo conservativo
Diversificare non significa spargere capitale su più chain.
Per lui è una questione di contenimento del rischio, non di varietà.
Il suo setup è chiaramente segmentato:
- Wallet hot per le operazioni
- Wallet cold per le allocazioni di lungo periodo
- Wallet isolati per rischi specifici o partecipazione alla governance
Non si espone su cinque protocolli con la stessa struttura di collaterale.
Diversifica per architettura di rischio: Aave per i mercati tradizionali, Morpho per peer-to-peer, stETH solo in vault con uscita provata.
Il suo principio operativo:
“Diversificare sì – ma in modo intelligente.”
7. Conclusione – La DeFi non è un casinò, se non ci giochi da giocatore
Questo profilo non è un’eccezione, ma una risposta razionale a un sistema che chiede sempre più struttura, trasparenza e disciplina.
Dimostra che la DeFi può essere utile anche senza hype – purché usata con metodo.
Le sue decisioni si basano sui dati, non sulla narrativa.
Non insegue promesse o meme, ma audit, parametri di uscita e design del rischio.
- Un mercato che vuole durare deve funzionare anche senza speculazione.
- Un protocollo serio deve soddisfare gli standard degli investitori professionali.
- Un investitore lucido deve capire come funziona il rischio – non solo come viene presentato.
La DeFi non dev’essere estrema.
Ma è estremamente efficiente nel punire chi la sottovaluta.